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TESTIMONIANZE
In questa pagina vorremo raccogliere tutte quei racconti che vorrete scrivere per ricordare la vita del Gruppo fin dalle origini.



Marco Talucci
Cari Nonni del 51,
questa che segue è la mia, la nostra storia :

- Noi, che pagavamo il tram 25 lire, ma prima delle 8 ne costava 10, così si compravano pure tre bustine di farina di castagne !
- Noi, che entravamo dal droghiere e facevamo la fila per un pescetto di liquirizia da 1 lira.
- Noi, che compravamo tre caldarroste per 10 lire.
- Noi, che con 50 lire passavamo un pomeriggio al Luna Park !
- Noi, che salivamo in cattedra davvero, prima che entrasse la maestra, quando Coppi o Bartali vincevano al Tour de France.
- Noi, che al Liceo tornavamo a scuola il pomeriggio per l’ allenamento di pallavolo.
- Noi, che andammo a Torino per il centenario dell’ Unità d’ Italia (1961) prima ancora dell’ A1 Roma Firenze, passando per la vecchia Cassia (la Francigena del Falco della Val d’Orcia).
- Noi, che per la tesi di laurea fotocopiavamo pure l’ Enciclopedia Britannica.
- Noi, che giocavamo con le fionde di sambuco e gli elastici a quadrelli, come i ragazzi della Via Pall…….a Via Macedonia.
- Noi, che andavamo in vacanza con la vespa Piaggio, perfino in Spagna.
- Noi, che facevamo 4 mesi di vacanza al mare, da Giugno a Settembre, quando sulla spiaggia c’ erano ancora le stelle e i cavallucci marini.
- Noi, che non avevamo videogiochi, né registratori, né computer, né play station, ma avevamo tanti amici.
- Noi, che vedevamo i mondiali di calcio alla TV… del negoziante a Via Latina (Brasile- Svezia. del ’58, conclusa 5-2)…..Pelé aveva 17 anni.
- Noi, che ascoltavamo De Gasperi e Togliatti come fossero Cavour, Giolitti o Quintino Sella….e adesso ?
- Noi, che facevamo il tifo per le nostre medaglie d’ oro : Livio Berruti, Nino Benvenuti, Edoardo Mangiarotti, Nicola Pietrangeli, i fratelli D’ Inzeo, il 7 bello della pallanuoto, il quattro con dei fratelli Abbagnale, il K1 maschile e femminile, la valanga azzurra di Gustavo Thoeni, la pallavolo, la scherma : il fioretto è un’arma azzurra, praticamente marchigiana, e adesso ?
- Noi, che riverniciammo la bici della mamma col fondo dei barattoli del carrozziere.
- Noi, che giocavamo con le palline di vetro colorate…in buca e con i tappi della birra a sottomuro
- Noi, che ancora sogniamo Italia – Germania 4- 3 e tutti i rigori sbagliati nelle varie finali.
- Noi, che dopo aver perso contro la mediocre e sconosciuta Corea del Nord (1966) scendemmo in strada dopo cena con la rabbia del riscatto, per una vera partita di pallone…..inter-quartiere.
- Noi, che ci divertivamo a Carnevale, anche mascherati da Pulcinella.
- Noi, che non avevamo cellulari (c´erano le cabine SIP per telefonare) e nessuno poteva rintracciarci, né madri, né mogli !
- Noi, che andavamo sui pattini di legno, rotolando sui cuscinetti a sfere.
- Noi, che giocavamo in porta in mezzo al fango, coi guanti nuovi della Befana.
- Noi, che l'unica merendina era pane burro e sale….
- Noi, che la Ferrari era Alberto Ascari e solo piloti italiani, finchè…………
- Noi, che il Ciao e il Boxer si mettevano in moto pedalando.
- Noi, che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
- Noi, che il primo amore non si scorda mai.
- Noi, che sognavamo Mina e…gli anni d’ oro !
- Noi, che andavamo al Piper Club quando Patty Bravo era davvero una bambola
- Noi, che votavamo per i partiti della 1a Repubblica:PLI,PSI, PCI, MSI, DC, PRI, e non per 70 diversi gruppi dai nomi fantasiosi e ideogrammi improbabili.
- Noi, che trovammo lavoro, tutti e subito….e ci sposammo presto.
- Noi, che quando è nata una figlia o una nipote, non sempre siamo stati presenti al lieto evento,…..Engineering Contractors !
- Noi che siamo passati attraverso le squadriglie del glorioso Reparto Roma 51
- Noi, che siamo stati tutte queste cose e tante altre ancora. Questa è la nostra storia, cari Nonni, e il messaggio finale è uno solo, il nostro motto, che ancora ricordo da oltre 50 anni :…

. ESTOTE PARATI, siate pronti, perché non sappiamo il giorno e l’ora in cui il Figlio dell’ Uomo verrà….dal Vangelo secondo Matteo : Et vos estote parati quia qua nescitis hora, Filius hominis venturus est.





Carlo Napoli
70 ANNI MA NON LI DIMOSTRA!
RIPARTO SCOUT ROMA 51…
… LE NOSTRE ORIGINI
   Non posso scrivere queste righe se non sul filo della memoria. E mentre batto sui tasti del computer mi si accavallano immagini che si sovrappongono e scolorano, come un film non montato in cui le scene vagano in libertà. E sono sensazioni di persone, di paesaggi, di odori. Gli odori dei boschi al mattino quando dicevamo Messa al campo, gli odori delle ginestre che mettevamo all’altare, gli odori delle tende che –tenute per una stagione riposte- esalavano muffa e polvere.
   Qualcuno avrebbe certo potuto raccontare i primissimi passi del nostro Riparto meglio di me che entrai quasi bambino – avevo undici anni- nel 1946.
   Arturo Vasta era stato mio maestro in seconda elementare. Ricordo il primo giorno che venne in classe, magrissimo, ascetico, entusiasta, con un vestito a doppio petto a righe blu. Lo amammo fin dal principio: leggeva la Bibbia ad alta voce e noi tutti eravamo lì ad ascoltare stupefatti e rapiti dalle storie di Davide e di Giuseppe, e giocavamo già a squadre come poi avremmo fatto da scout.
   Lo persi di vista quando fu richiamato al fronte. Lo ritrovai dopo la guerra e mi dette appuntamento in via Aventina 7 dove abitava con Monsignor Nobels.
   Se scrivo questi particolari è solo per riandare all’origine di quel nostro Riparto del quale i giovani e giovanissimi non hanno memoria. E’ tutto un altro mondo che vorrei raccontare a chi non ha vissuto quegli anni.
   La nostra prima sede fu all’Arco del Travertino, nella zona del Quadraro.
   E’ una parte di Roma ormai introvabile, il verde sparito, i prati sepolti dal cemento, palazzi di dieci piani, anche la chiesa di S. Giuseppe è stata demolita. E allora mi fermo e cerco di rivedere la sede di allora, la prima sede del Riparto 51. Era una casetta ad un piano, con una sola stanza abbastanza grande e alle pareti scritte di Baden Powell e gli animali delle quadriglie. Una sede che non aveva una chiave, in realtà non ho mai saputo se ce ne fosse una. Il lucchetto era arrugginito e ogni volta che c’era una riunione andavamo in cerca di un fil di ferro pescato per strada, per infilarlo nel lucchetto e farlo scattare.
   I campi attorno all’Arco del Travertino erano vergini, c’erano grotte di pozzolana e le riunione le tenevamo laggiù, fra distese di grano o di granturco e il giovedì giocavamo ad “attacco e difesa” e il silenzio non era turbato né dai camion né dalle macchine, e questo è l’inizio poetico del 51.
   La guerra era finita da poco e non si trovava niente. Non avevamo né giacche a vento né tende né scarponi né zaini. I primi scarponi che indossai venivano da un tenente americano che li aveva venduti a un panettiere che li aveva rivenduti a me, naturalmente usati. Le camicie erano quelle dell’esercito USA e in quanto alle tende non esistevano. Angelino, Adriano, ricordate? Le tende erano i teloni dei camion americani che avevano un odore forte di grasso, pesantissimi e ritagliati in modo che potessero riparare dalla pioggia. Tutto era provvisorio, raccogliticcio, eravamo ancora in un mondo artigianale, in un’Italia povera che cercava di risollevarsi dalle tragedie della guerra. E i primi zaini decenti furono per noi quelli usati dalla fanteria americana nella guerra di Corea. Perché poi lasciammo l’Arco del Travertino? Cominciava la Ricostruzione e in quel quartiere popolare noi giovani esploratori eravamo malvisti, derisi, talvolta presi a sassate, era cominciata la Guerra Fredda, in quella zona di estrema sinistra andare in divisa rappresentava un pericolo. Malgrado la sede non avesse ricchezze, tuttavia eravamo continuamente preda di furti. O forse più che furti erano minacce perché emigrassimo. E un giorno emigrammo per davvero lasciandoci alle spalle le nostre origini.
   Credo che andammo allora dai Frati Bigi in Viale Manzoni dove Arturo Vasta aveva insegnato, ma il nostro Fondatore voleva l’assoluta indipendenza, nessun mescolamento con le attività dell’Istituto, niente obblighi di processioni. E cominciarono le tante migrazioni del 51.
   La terza sede fu al Collegio Santa Maria, cento metri di distanza, e potemmo ingrandire il Riparto anche perché molti studenti vi si iscrissero. Ma l’aria era cambiata, come lentamente cambiava l’Italia. Non giocavamo più nei prati a perdita d’occhio del Travertino ma tenevamo le riunioni nel chiuso dei cortili del Santa Maria, attenti a non disturbare i padri marianisti che tenevano lezione.
   Non starò a fare l’elenco delle varie sedi cambiate perché il 51 è stato un riparto nomade, vagabondo, sempre in cerca di un approdo.
   L’approdo (spero definitivo) è avvenuto nel 1986 quando si trasferì da S. Gregorio al Celio alla Garbatella per volontà di padre Guido, storico parroco della chiesa. E’ stato per il 51 il periodo più florido perché raggiunse ben cento iscritti. Così, da allora, la storia del Riparto 51 si confonde con quella del quartiere, si è inserito non solo nella vita della parrocchia ma è divenuto un punto di incontro della Garbatella, e molte iniziative sono state a livello comunale.
   Mentre batto le ultime righe di queste brevi note mi sembra che una distanza enorme ci separi da quell’inizio di 70 anni fa. Il fatto che oggi possiamo ricordare come nascemmo è segno di una vitalità ininterrotta che ancora fluisce e che ci ha accompagnato per quasi tre generazioni, e noi oggi –dopo la scomparsa di Mons. Nobels e di Arturo Vasta- possiamo solo guardare con nostalgia a quegli inizi. Ma anche con fiducia, perché la linfa di quel lontano 1944 non ha mai cessato di scorrere e la fiaccola non s’è mai spenta.



Angelo D'Angeli

Alcuni giorni dopo l’entrata a Roma delle truppe alleate, mentre eravamo riuniti presso l’oratorio salesiano della mia parrocchia di S. Maria Ausiliatrice – ricevemmo la visita di un giovane che ci invitava a partecipare ad una riunione presso la “chiesetta” all’Arco del Travertino (piuttosto distante da noi) in quanto intendevano realizzare un reparto do Giovani Esploratori. La domenica successiva un gruppetto di 5 o 6 ragazzini ci presentammo alla S.Messa nella parrocchia di S. Giuseppe appunto all’Arco del Travertino. In effetti si trattava di una modestissima costruzione solitaria in mezzo alla campagna e qui siamo stati presentati a mons. Desiderio Nobels e al suo fedele collaboratore prof Arturo Vasta. Ero un ragazzino di circa 13 anni e rimasi affascinato ed entusiasta da quanto ci veniva esposto dal burbero e carismatico mons. Nobels sullo scoutismo. Fu così che presi la decisione di fare il giovane esploratore, nonostante la grande distanza dalla mia abitazione. Collaborai immediatamente con il Capo Arturo Vasta e fui nominato Capo Squadriglia della Aquile. Nel frattempo mons. Nobels si dava molto da fare per rifondare il primo reparto scout d’Italia del dopoguerra il Roma 51. Finalmente i nostri sogni diventarono realtà il giorno 6 dicembre 1944 con la cerimonia della promessa scout che coincise con l’inizio dell’attività ufficiale del reparto Roma 51 nella gloriosa ASCI. In detta occasione abbiamo fatto il primo tentativo di campeggio di un paio di giorni alle pendici di Monte Mario. Fu veramente un’avventura, senza mezzi, appena usciti da una terribile guerra. Ma pur adattandoci eravamo veramente felici. Pensate che per completare la divisa, data la scarsa disponibilità di mezzi , la maggior parte di noi ha usato come camicia kaki, la camicia nera di balilla messa in varechina. Quindi abbiamo dato inizio ad una intensa attività scoutistica con bivacchi e campeggi che cerco di elencare in ordine cronologico:
1944: villa Pamphili (con permesso speciale essendo chiusa al pubblico).
1945: il Tuscolo (frascati) – Madonna della neve (Rocca di Papa) sempre località vicina data l’impossibilità di trovare mezzi di trasporto ed altre difficoltà dovute alle condizioni del dopoguerra, ma il primo vero campeggio della durata di 15 giorno è stato a Poggio Cinolfi in Abruzzo con tende rimediate all’UNRA e viveri al Vaticano. Però è stata una bella esperienza a contatto diretto con la natura. Nel contempo eravamo molto occupati nelle prove di selezione per la partecipazione al Jemboree della pace a Mousson in Francia. Nel frattempo abbiamo cambiato Sede trasferendoci prima ai padri Bigi a viale Manzoni e poi al collegio S. Maria.
1946: La squadriglia della Aquile del ROMA 51 supera la selezione ed ha il diritto di partecipare al raduno mondiale della pace a cui hanno partecipato oltre 50 nazioni per celebrare la pace tra i popoli. E’ stato l’avvenimento più importante della mia vita scoutistica che mi ha consentito di vivere un’esperienza unica. Il Jamboree si è tenuto in Francia nella prima metà di Agosto 1946. Il viaggio è stato un’avventura piacevole della durata di una notte e un giorno, dato che le linee ferroviarie ancora non erano state riparate completamente dai danni provocati dai bombardamenti, ma l’esperienza è stata favolosa e indimenticabile soprattutto all’enorme cerchio dell’ultima sera con il canto dell’addio e la promessa di incontrarci ancora. Il 7 settembre abbiamo partecipato a Castel Fusano al raduno nazionale ASCI. Nel frattempo – data l’età – sono passato rover rimanendo caposquadriglia delle Aquile.
1947: ad Agosto campeggio nel Parco Nazionale d’Abruzzo presso Opi e poi a Trisulti - trasferimento della sede alla parrocchia della Natività in via Gallia.
1948: campeggio a Camaldoli e La Verna e un breve periodo a Carpineto Romano.